Conoscere Io zucchero

Molecola saccarosio

Questa comunicazione è indirizzata alla Grande Distribuzione, ai Commercianti, agli Utilizzatori Industriali, alle Unioni dei Consumatori.
Nello svolgimento della nostra attività commerciale riscontriamo spesso della disinformazione sul prodotto e sulle sue caratteristiche, nonchè sulle normative nazionali e comunitarie. Da qui la decisione di fornire le notizie che seguono, perchè riteniamo possano tornare utili a chi deve trattare lo zucchero.
Lo zucchero è un prodotto erroneamente ritenuto indifferenziato.
Si dice che è bianco, scuro, grigio, di grana grossa, fine; ma le ragioni di queste differenze possono essere molto rilevanti e proprio per questo riteniamo necessario debbano essere conosciute.
 

Quanti sanno:
• che lo zucchero, secondo una normativa CEE, può essere di categoria i - 2 - 3 - 4;
• che la stessa normativa stabilisce le caratteristiche di ciascuna categoria?;
• che una Legge dello Stato Italiano (Legge 31.3.1980 n. 139- G.U. 109 del 1980) recepisce tale normativa CEE ed indica, a sua volta, le caratteristiche dello zucchero?

Sulla base della normativa CEE, cui facciamo riferimento in questa nostra comunicazione, la qualità del prodotto è legata a precise caratteristiche, le quali devono essere determinate secondo i metodi indicati dall’ICUMSA [International Commision for Uniform Methods of Sugar Analysis) e dall’Istituto per la tecnologia agricola e l’industria saccarifera di Braunschweig.
Gli zuccheri delle categorie 1 e 2 presentano caratteristiche comuni ma un diverso punteggio risultante dalla somma dei valori di tre parametri: contenuto in ceneri, tipo di colore, colore in soluzione.

Le caratteristiche comuni sono:
a) qualità sana, leale e mercantile, asciutto, in cristalli a grana omogenea, facilmente scorrevoli; b) polarizzazione minima 99,7;
c) umidità massima 0,06%;
d) contenuto massimo di zucchero invertito 0,04%.
Premesso quanto sopra:
1) Gli zuccheri della categoria I
hanno un numero di punti che non deve superare 8 in totale (nè: 6 per il contenuto in ceneri; 4 per il tipo di colore; 3 per il colore in soluzione).
2) Gli zuccheri della categoria 2 (qualità tipo)
hanno un numero di punti che non deve superare 22 complessivamente [nè: 1 5 per il contenuto in ceneri; 9 per il tipo di colore; 6 per il colore in soluzione).
3) Lo zucchero della categoria 3 punti totali non indicati
presenta le seguenti caratteristiche:
a) qualità sana, leale e mercantile, asciutto, in cristalli a grana omogenea, facilmente scorrevoli; bJ polarizzazione minima 99,7;
c) umidità massima 0,06%;
d) contenuto massimo di zucchero invertito 0,04%;
e) tipo di colore: massimo n. 6 della scala del metodo di Braunschweig [corrispondente a 12 punti).
4) Lo zucchero della categoria 4 punti totali non indicati
comprende gli zuccheri che ncr hanno le caratteristiche corrispondenti a quelle sqpra indicate.


 
   

 

Dettagli sullo Zucchero

 

Lo zucchero, la cui formula chimica è C12H22O11, è la denominazione comune del disaccaride saccarosio, composto organico della famiglia dei carboidrati, che costituisce il più comune dei glucidi. Il termine zucchero è ancora talvolta utilizzato per indicare, in generale i glucidi o idrati di carbonio.

 

Immagine:Sucrose.png

Il saccarosio è il disaccaride chiamato comunemente "zucchero". Il saccarosio viene estratto nei paesi europei dalla barbabietola e nel resto del mondo dalla canna da zucchero; esso si trova anche nella maggior parte dei frutti e dei vegetali.
Il legame interessa la funzione aldeidica (C-1) del glucosio e quella chetonica (C-2) del fruttosio: poiché entrambe le funzioni riducenti sono impegnate nel legame 1--->2 glicosidico, il saccarosio è uno zucchero

Nomi alternativi

D-(+)-saccarosio

Caratteristiche generali

Formula bruta o molecolare

C12H22O11

Massa molecolare (amu)

342,30

Aspetto

solido cristallino da incolore a bianco

Numero CAS

57-50-1

Proprietà chimico-fisiche

Densità (g/cm3, in c.s.)

1,587

Solubilità in acqua

600 g/l a 293 K

Temperatura di fusione (K)

458 (185°C)

Temperatura di ebollizione (K)

si decompone

Lo zucchero è usato principalmente nell'alimentazione e costituisce un alimento facilmente assimilabile e molto calorico apportando circa 17 J (4 calorie) per grammo. Attualmente si ricava estraendolo dalla barbabietola da zucchero e dalla canna da zucchero.
Cristalli di zucchero raffinato ingrandito

 

Lo zucchero bianco raffinato durante il processo digestivo consuma parte delle vitamine e i sali minerali presenti nel corpo umano. Lo zucchero di canna e barbabietola contengono in quantità sufficiente le vitamine e i sali minerali che l'uomo utilizza per la sua digestione, e ne vengono privati dalla raffinazione.
Lo zucchero raffinato consiste in carboidrati puri, e, in mancanza di tali metaboliti, il corpo li ricerca altrove, tra quelli assimilati da altri alimenti. Talora il corpo non ha vitamine e sali in quantità sufficiente, e il metabolismo dello zucchero è incompleto, e la catena di reazione si ferma a quella di produzione di metaboli tossici, quali acido piruvico e zuccheri anormali con cinque atomi di carbonio. L'acido piruvico si deposito nel cervello e sistema nervoso, mentre gli zuccheri anormali nei globuli rossi.

 

Inizialmente lo zucchero viene immagazzinato nel fegato in forma di glucosio (glicogeno). Quando esso è pieno sino al limite delle sue possibilità, il glicogeno in eccesso ritorna nel sangue sotto forma di acidi grassi i quali vengono trasportati in tutte le parti dell'organismo ed immagazzinati nelle aree meno attive: il ventre, le natiche, il petto e le cosce. Quando queste aree relativamente innocue sono completamente sature, gli acidi grassi vengono poi distribuiti negli organi attivi come il cuore ed i reni, i quali cominciano a rallentare la loro attività ed i cui tessuti alla fine degenerano e si trasformano in grassi.

È stato altresì accertato che l'eccessivo consumo di zucchero bianco crea una dipendenza simile alle droghe pesanti.
La parola "zucchero" deriva dal termine arabo sukkar

La storia dello zucchero: diffusione in Europa

La prima forma di zucchero di cui si ha notizia è quello di canna da zucchero, che rimase per molti secoli l'unico tipo possibile. Si ritiene che sia stato portato dagli abitanti delle isole polinesiane in Cina e in India. Qui i persiani di Dario trovarono, nel 510 a.C., coltivazioni di un vegetale da cui si ricavava uno sciroppo denso e dolcissimo. Fatto asciugare in larghe foglie produceva cristalli che duravano a lungo, dalle spiccate proprietà energetiche. I persiani portarono le piante con loro e ne estesero la coltivazione al Medio Oriente.
Nel 325 a.C. Alessandro Magno portò la notizia che nei territori orientali si trovava un "miele che non aveva bisogno di api". Furono però gli arabi, presso cui era già in uso nel VI secolo a.C., che ne estesero la coltivazione nei loro territori.
Genovesi e Veneziani, nel X secolo, presero ad importare modeste quantità di ciò che veniva chiamato "sale arabo" che le crociate resero ancora più diffuso. Federico II di Svevia provvide a far coltivare la canna da zucchero in Sicilia, ma lo zucchero restò per molto tempo una spezia rara e preziosa, venduta dagli speziali e dai farmacisti a carissimo prezzo come medicina in uso per sciroppi, impacchi ed enteroclismi.

Solo i ricchi potevano permettesi di usarlo come dolcificante anche se il suo più antico surrogato, il miele, non era certo prodotto in quantità tali da poter comparire sulla tavola della popolazione come un dolcificante di tutti i giorni.

 

Con la scoperta dell'America gli spagnoli introdussero la coltivazione della canna da zucchero a Cuba e nel Messico, i portoghesi in Brasile, inglesi e francesi nelle Antille, in quei territori cioè dell'America centrale e meridionale che ancora oggi ne sono tra i maggiori produttori. Poiché lo zucchero delle Americhe era migliore e meno costoso, le coltivazioni spagnole e italiane scomparirono, insieme ai traffici con i territori arabi.
Nacque un fiorente traffico di importazione che rese il prodotto, per quanto di lusso, più comune. Questo diede una spinta notevole all'arte culinaria, permettendo la nascita della pasticceria europea come arte autonoma anche grazie al connubio di zucchero con cacao, con latte e con caffè.

Nel 1575 l'agronomo francese Olivier de Serres osservò che un ortaggio comunissimo ed ampiamente coltivato, prevalentemente ad uso foraggio, la barbabietola (beta vulgaris), se cotto produce uno sciroppo simile a quello della canna da zucchero, uno sciroppo molto dolce. L'osservazione rimase tuttavia lettera morta e lo zucchero di canna rimase l'unico disponibile ancora per molto tempo. Nel giro di un secolo, tra il 1640 e il 1750, il consumo della sostanza triplicò, incentivando il tragico fenomeno della tratta degli schiavi dall'Africa che venivano catturati e deportati per lavorare nelle piantagioni.

 

Con l'ascesa di Napoleone si intensificarono i contrasti tra Francia e Inghilterra, che portarono ad un blocco delle importazioni inglesi (decreto di Berlino, 1806). Lo zucchero di canna, che giungeva in Europa via mare, sparì in breve tempo dagli scaffali dei negozi, poiché gli inglesi reagirono al blocco sequestrando a loro volta le navi dirette a porti francesi o dei loro alleati aderenti al blocco (in un secondo tempo si "limitarono" a costringere queste navi a passare da porti inglesi e pagare una forte tassa sul carico). Sulla spinta della necessità gli europei si adoperano per trovare un'alternativa. Nel 1747 il chimico tedesco Andreas Sigismund Marggraf era riuscito a dimostrare la presenza di saccarosio dalle barbabietole e alcuni decenni dopo il suo allievo Franz Karl Achard ideò un processo industriale idoneo: è a lui che si deve il primo zuccherificio industriale sorto in Slesia nel 1802. Per espressa volontà di Napoleone, la produzione di zucchero da bieta fu incoraggiata in tutti i territori sotto il suo controllo e furono aperti altri stabilimenti in Francia, grazie anche ai perfezionamenti apportati dall'imprenditore francese Benjamin Delessert al procedimento di Achard. Dopo il Congresso di Vienna lo zucchero di canna tornò a circolare, ma l'espansione di quello da barbabietola fu irreversibile. Il costo inferiore lo rese disponibile via via a più ampie fasce della popolazione, cambiando considerevolmente le abitudini alimentari dell'Europa.[1]Alcuni storici ritengono che la maggior disponibilità di zucchero abbia contribuito a migliorare sensibilmente le condizioni di salute della popolazione e le sue potenzialità di concentrazione, contribuendo allo sviluppo intellettuale della società.
  1. La diffusione dello zucchero da bieta non fu però immediata. Il blocco terminò dopo solo poco più di sette anni dalla sua istituzione, e così i suoi effetti, ma nel contempo non si erano potuti creare molti stabilimenti né aumentare molto le superfici coltivate a bieta. Il "ritorno" dello zucchero di canna provocò, com'era logico, un calo dei prezzi e la produzione di quello dalla bieta non aveva ancora potuto raggiungere livelli quantitativi tali da farne scendere il prezzo alla portata di tutte le tasche. Il processo di coltivazione della bieta e di estrazione industriale dello zucchero subì un arresto, stante la minor remuneratività dell'investimento in stabilimenti ed in coltivazioni. Tuttavia il processo "sostitutivo" sul mercato europeo fu lento ma inarrestabile e lo zucchero da bieta cominciò a far concorrenza a quello di canna dalla seconda metà dell'ottocento, fenomeno favorito anche dalla graduale abolizione dello schiavismo nei paesi dell'America ove veniva prodotto, il che determinò un aumento dei costi di raccolta e lavorazione della canna e quindi anche del prodotto finito .

 

Produzione e commercio per lo zucchero di barbabietola

Europa a 25 (21,6 milioni di tonnellate),

Stati Uniti d'America (4.0),

Russia (2,5)

Ucraina (1,85);

per lo zucchero da canna

Brasile (27,1 milioni di tonnellate),

India (20,3), la Cina (8,7),

Messico (5,6),

Australia (5,3),

Thailandia (4,8).

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